La Motivazione
La Motivazione
Che cos’è la Motivazione? E’ definita come un processo che avvia, guida e mantiene comportamenti mirati, la spinta ad agire, a mettere in atto comportamenti orientati ad uno scopo. Ci sono tantissime teorie scientifiche e studi sull’argomento, come quelle di Murray, Martens, Weiner, Freud, Atkinson e tanti altri, ma mi limiterò per semplificare a riassumere e “mixare” il tutto per dare uno spunto complessivo su ciò che ai giorni nostri si comprende e conosce di questo argomento.
Il concetto di motivazione sembra essere costituito da due componenti: la direzione e l’intensità. Per direzione si intende la “meta” verso cui si dirige l’azione. Quel percorso che un atleta compie o dovrà compiere per raggiungere la meta, o per meglio dire il suo obbiettivo o scopo. L’intensità si riferisce invece allo sforzo, che si deve produrre per raggiungere l’obbiettivo.
La motivazione influisce sul tipo di attività da svolgere e sulla sua durata, sull’impegno profuso, e sulla resistenza ai fallimenti e alle difficoltà.
"Lo sport insegna che per la vittoria non basta il talento, ci vuole il lavoro e il sacrificio quotidiano. Nello sport come nella vita.“ [Pietro Mennea]
In foto: Pietro Mennea
La motivazione può essere intrinseca ed estrinseca, vediamo le differenze.
Si intende intrinseca quando la “spinta” proviene dall’interno, dall’atleta stesso, dal piacere di fare uno sport, dalla voglia personale di mettersi in gioco, dal divertimento, dalla voglia di migliorarsi, crescere ecc… Queste attività sono autonome e autodeterminate, ed ogni intervento esterno, che ne riduca o minimizzi l’autonomia gestionale e decisionale, porta ad influenzare negativamente la prestazione.
Estrinseca invece, è quando si viene “spinti” da elementi esterni, premi, remunerazioni, possibilità di ricevere lodi, elogi, fama e visibilità.
La Motivazione nello Sport e nel Calcio
Il Calcio si sa, è uno degli sport di gruppo più seguiti a livello Mondiale, e se questo può avere risvolti positivi come la facilità di poterlo praticare ovunque, ha anche risvolti negativi, come l’enorme numero di partecipanti, e quindi spesso c’è una selezione ad ogni livello e categoria per poterlo praticare a un buon livello agonistico. Questo comporta che, a livello individuale, ogni soggetto indipendentemente dalla sua età, sia maggiormente “sotto pressione” e anche se spinto a giocare a calcio, dal desiderio di divertimento, dall’idea di svago e dalla competizione, sia “combattuto” o “frenato” dall’idea di non essere all’altezza, non essere in grado di; non avere la sufficiente bravura per…non avere lo stesso talento di… ecc… Tutto ciò è intrinseco e lo possiamo definire come la motivazione/demotivazione principale, l’impulso maggiore o il freno principale che fa sì che il soggetto pratichi o non pratichi questo sport. Come già precedentemente accennato, le motivazioni di questo tipo, sono prettamente intrinseche, e la loro intensità, varia per ogni individuo, cosi come la direzione, in quanto si trovano tante differenti scelte ognuna presa in base ad individuali mete e obbiettivi da raggiungere. Es: giocare per diventare il miglior calciatore al Mondo, o giocare per la squadra della propria città…
La motivazione cambia tantissimo in base ad aspetti personali-caratteriali, dal vissuto quotidiano, dall’età e da tanti fattori interni ed esterni a cui ogni soggetto è esposto.
Se prendiamo come esempio i bambini, giocano a calcio per “sperimentare” nuove emozioni, nuovi momenti da vivere, divertirsi a rincorrere una palla insieme agli amici, sono incuriositi dall’attrezzatura, sono predisposti a testare le proprie capacità, desiderano primeggiare, non vogliono sentirsi a disagio con gli altri, non guardano ad un aspetto futuro, sono appagati dal presente e dal gioco fine a sè stesso. Per questo hanno bisogno di sostegno dagli istruttori, amici, genitori in questa fase di sviluppo per poter essere costanti. Nella fase sensibile cioè quel momento in cui l’apprendimento raggiunge dei picchi elevati, un istruttore deve insegnare i principali gesti tecnici individuali, come calciare, passare la palla, controllare il pallone, o effettuare una conduzione, un colpo di testa, un contrasto, una finta, un dribbling, un tiro, una parata e il sostegno esterno di un allenatore è fondamentale, per aumentare la voglia del bambino di apprendere divertendosi, tramite giochi e fargli crescere l’autostima, importante per raggiungere un discreto livello tecnico che sarà utile quando sarà più grande ed eventualmente deciderà di continuare a giocare a calcio. La motivazione è per lo più uno strumento con il quale far diventare curioso e “affamato” di conoscenze, per la salutare crescita umana e calcistica del bambino.
Discorso differente per quanto riguarda i ragazzi un pò più grandi, gli adolescenti, (fasce di età dai 12-14 ai 20-21 nei maschi, e 11-12 ai 18-19 anni nelle femmine) che iniziano a trarre piacere dalla competizione con gli altri, fare delle sfide sia con sè stessi che con i loro compagni e/o avversari di gioco, iniziano ad avvertire uno “stimolo” a migliorarsi e mettersi alla prova in compiti sempre più difficili. Nell’adolescenza aumenta quindi il desiderio di gareggiare e diminuisce la necessità del supporto esterno, come la minor presenza dei genitori. Anche in questa fase un istruttore di scuola calcio ha l’obbligo di far divertire i ragazzi, perfezionare i gesti tecnici individuali, aggiungendo talvolta un grado di difficoltà in più, per aumentare gradualmente le difficoltà e quindi stimolare ancora quel desiderio di imparare, di migliorarsi e quella fame di conoscenza che un bambino deve avere.
Negli adulti il discorso diventa più complesso, in quanto si tratta di persone “formate” mentalmente, spesso si aggiunge il desiderio di fare attività fisica per mantenersi in forma, per migliorare o mantenere uno stato di salute, e addirittura per avere un aspetto estetico migliore. Altre volte, l’individuo è “motivato” da fattori esterni come la remunerazione economica, i premi, la fama, la gloria, il desiderio di crearsi un futuro migliore, di vivere una vita migliore, facendo ciò che più piace nella vita come attività primaria, come lavoro. E’ un modo di pensare molto diffuso, ed è molto differente dal modo di pensare di bambini e ragazzi dal punto di vista temporale, in quanto come precedentemente indicato, se nei piccoli, si pensa ad un raggiungimento di obbiettivi pressoché immediato, nell’adulto è tutto rivolto al futuro, al raggiungimento di obbiettivi a lungo termine e di enorme difficoltà. Negli adulti, l’aspetto motivazionale si diversifica di più, ed è più difficile la gestione per un allenatore, egli dovrà “calibrare” singolarmente con maggiore precisione le parole, essere sempre positivo con il gruppo, attraverso atteggiamenti e parole, essere duro o essere pacato, essere socievole e gentile in altri momenti, cercare sempre di fare gruppo, ma saper comunicare individualmente con ogni singolo giocatore, farlo sentire al centro del progetto, e allo stesso tempo equo nei giudizi sia con chi gioca sia con chi non gioca. Bisogna motivare sempre a scendere in campo e dare il 100% anche in casi di forma fisica non eccelsa, in casi di problemi familiari, rapporti inclinati con alcuni compagni, o con la società, o i tifosi.
Possiamo sintetizzare dicendo che, man mano che la vita scorre, la meta da raggiungere sembri sempre “lontana”, inarrivabile talvolta e la nostra mente sarà proiettata già alla fine di questo percorso, al raggiungimento di questo obbiettivo, questo perchè quando si va avanti occorrerà uno sforzo sempre maggiore e quindi una motivazione sempre maggiore per il raggiungimento di ciò che si desidera in quanto diventa sempre più complesso.
Per questo, a mio modesto parere ritengo fondamentale il giusto approccio mentale e psicologico ad ogni età, in quanto gli obbiettivi cambiano, le motivazioni interne pure, e un errato approccio esterno pregiudicherebbe tutto il lavoro svolto nel tempo dal giocatore, e potrebbe minare certezze e traguardi raggiunti fino a quel momento. Bisogna cercare di rendere tutte le esperienze utili e positive per far crescere il calciatore.
Un illustre scrittore e motivatore americano Denis Waitley, che è stato incaricato all’addestramento degli astronauti della NASA a tal proposito dice:
“Ogni cosa che è trascorsa è un’esperienza con cui crescere o un bel ricordo su cui riflettere, o un fattore motivante sul quale agire.”
Un Allenatore/Istruttore è quindi dal punto di vista psicologico, fondamentale, è colui che avvalendosi dell’osservazione e di competenze specifiche deve far confluire tutte le “energie mentali positive” dell’alteta, le motivazioni, per far sì che il calciatore agisca nell’interesse del suo miglioramento individuale, e collettivo (di squadra) al fine di creare un bagaglio esperienziale sufficiente per la crescita mentale e di sviluppo della persona prima, e dell’atleta poi, e deve avvalersi di un’impeccabile comunicazione, essere in grado di carpire in anticipo le sensazioni ed emozioni di ogni singolo atleta. E’ necessario che ogni allenatore mantenga sempre un buon equilibrio motivazionale nel gruppo e nei singoli, perché tutto ciò influenzerà le prestazioni durante gli allenamenti, e soprattutto durante le partite ai fini (in base alle varie categorie) del risultato sportivo o della crescita se si tratta di settore giovanile e scolastico.
“La motivazione è la forza interiore che influenza il comportamento. Le tue spinte interne ti proietteranno più avanti e in modo più veloce dei sostegni esterni.” [Denis Waitley]
“Gli obiettivi non sono assolutamente necessari per motivarci, sono essenziali per mantenerci vivi.” [Robert Harold Schuller]
Un allenatore quindi, avrà a che fare con calciatori “mentalmente” più forti (o più pronti nel caso di “settore giovanile”) e di altri meno, e se nel primo caso si troverà di fronte un atleta particolarmente esigente con sé stesso, nel secondo caso si troverà calciatori particolarmente “fragili”, dipendenti dal giudizio altrui, e maggiormente bisognosi di ottenere conferme del proprio valore dall’esterno. In questo caso avremo a che fare con un calciatore poco costante, sia nell’impegno che nei risultati.
In alcuni calciatori, c’è il bisogno di autorealizzazione (Murray, 1938): con questo termine si intende il bisogno di sfidare i propri limiti, di impegnarsi in compiti difficili, di riuscire meglio di altri, di raggiungere l’eccellenza e il successo. Potremo definirla più semplicemente competitività o agonismo (Martens, 1976). Alcuni soggetti si impegnano in una “lotta” contro sè stessi, cercando un costante miglioramento, altri sono più improntati ad una lotta con gli altri, per primeggiare sull’avversario.
“Porsi un obiettivo è la più forte forza umana di auto motivazione.” [Paul J. Meyer]
Può essere molto utile avere degli “idoli” o più propriamente punti di riferimento, figure da seguire, degli “ispiratori”, dei “modelli” per un calciatore, ma anche per un allenatore. Avere queste figure, è importante e richiama ad un concetto spesso analizzato nel calcio, ma non sempre curato, quello dell’esempio positivo e dell’imitazione che ne deriva. I giovani di oggi, spesso anche ingiustamente, sia nella vita quotidiana che nel calcio, vengono indicati come causa di tanti avvenimenti negativi, il che non è esatto o completo in quanto vengono “accusati” di comportamenti e/o gesti sbagliati, perchè probabilmente hanno semplicemente “ricevuto” esempi sbagliati o non hanno avuto esempi positivi a sufficienza. Spesso manca un esempio positivo, spesso manca il supporto e il controllo delle famiglie, spesso c’è un’insufficiente esperienza degli istruttori, e stiamo creando intere generazioni di ragazzi e ragazze privi di valori morali, privi di caratteristiche mentali e caratteriali come la motivazione o la determinazione, persone fragili, persone che con una bassa autostima, e insufficiente motivazione intrinseca non raggiungono i loro obbiettivi, generando malcontento, frustrazione, che negli anni può generare problemi ben più gravi, comportamenti sbagliati, creando un circolo vizioso nocivo per le generazioni successive.
William Cuthbert Faulkner, scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e poeta statunitense, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura del 1949 a tal proposito afferma che:
“Se altre persone l'hanno fatto prima di me, posso anch'io.” [William Cutberth Faulkner]
Nel caso di un calciatore il cui fine è l’autorealizzazione, si avrà una persona attenta e focalizzata sul miglioramento di abilità già conseguite e sull’apprendimento di nuove, cosi facendo non solo diventerà più capace, ma avrà un maggior controllo sulle proprie abilità, e questo comporterà anche accrescimento di gioia, autostima, orgoglio e apporterà risultati migliori alla squadra in cui gioca.
Negli atleti che sono impegnati in una “lotta contro gli altri”, non si avrà invece, un focus verso la “crescita personale”, ma l’orientamento al risultato. L’atleta si pone l’obiettivo di riuscire meglio degli avversari, di vincere. Per perseguire questo scopo potrà ricorrere alla scelta di avversari inferiori a lui, a compiti più facilmente eseguibili, e risultati più immediati.
Proprio riguardo al primo caso di calciatori che provano con grande determinazione a migliorarsi, per sentirsi meglio, per essere orgogliosi di sé stessi, l’ex stella del calcio brasiliano Pelè ha detto:
Più difficile è la vittoria, più grande è la felicità nel vincere.
Come agire allora per incrementare la motivazione?
Occorre comprendere le ragioni che spingono a partecipare o non partecipare all’attività sportiva, tenendo presente non solo dei fattori interni alla persona ma anche quelli situazionali esterni. E’ importante conoscere, il modo in cui “spiegano” il successo e il fallimento (Weiner, 1985). Un atleta che spiega il suo fallimento come dovuto ad una sua mancanza di abilità stabile, interna e non migliorabile tramite l’allenamento e l’impegno, non sarà motivato a proseguire in quella pratica sportiva, (un esempio positivo, un riferimento invece potrebbe aiutarlo a non smettere). Per contro, uno sportivo che vede una sconfitta causata da una momentanea distrazione, o da scarsi allenamenti o dall’ambiente di gara particolarmente ostile, sarà portato ad impegnarsi di più in vista dei prossimi incontri o semplicemente accetterà il fatto che non c’erano le condizioni giuste per eccellere in quella situazione. Si può provare a soddisfare le necessità degli atleti per migliorare la motivazione: con variazioni negli allenamenti, inserimento di nuovi esercizi, creazione di momenti di competizione alternati a momenti di collaborazione e lavoro di gruppo, questo per aumentare la soddisfazione dei singoli e del gruppo, e far migliorare le performance, risultati e quindi l’autostima. Fondamentale è favorire un clima di cooperazione, in cui le scelte vengono condivise ed affrontate insieme da staff ed atleti.
Un modello di riferimento per l’incremento della motivazione è rappresentato dal modello “TARGET”, che rappresenta l’acronimo di alcuni termini inglesi su cui focalizzare l’attenzione. Il modello lavora sulla motivazione intrinseca e orientata alla competenza.
· T Task (compito): compiti vari, diversificati e significativi per ogni atleta. Assegnare ad ogni soggetto lo stesso compito potrebbe provocare atteggiamenti di sfida e rivalità, l'orientamento si sposterebbe verso la prestazione e il risultato.
· A Authority (autorità): coinvolgimento degli atleti nelle scelte. [NB: la scelta deve avvenire tra opzioni equivalenti, non tra un compito facile e uno difficile].
· R Recognition (riconoscimenti): esprimere apprezzamenti ed incoraggiamenti, rinforzare gli atteggiamenti e i comportamenti positivi. E' importante che essi siano espressi in modo realistico e non come pure formalità. Meglio se esternati all'atleta in privato, piuttosto che pubblicamente.
· G Grouping (gruppi): utilizzare il lavoro di gruppo, favorire la collaborazione e la cooperazione. Creare gruppi eterogenei e con criteri flessibili, in modo che a seconda del compito richiesto i soggetti possano facilmente passare da un gruppo all'altro.
· E Evalutation (valutazione): fornire indicazioni, giudizi e critiche. Le valutazioni devono rispecchiare criteri individuali, personalizzati per ciascun atleta.
· T Time (tempo): stabilire e considerare tempi diversi, personalizzati per ciascun atleta. Alcuni necessitano di un tempo maggiore di altri per apprendere.
La motivazione è certamente un elemento chiave per l’avvicinamento alla pratica sportiva, o alla continuazione della stessa, l’apprendimento di gesti tecnici e la prestazione ottimale. Possiamo concludere affermando che: ogni calciatore va motivato, per far sì che ne migliori la consapevolezza nei suoi mezzi tecnici, la fiducia della squadra, la predisposizione e la volontà all’apprendimento di nuove cose o al miglioramento di quelle esistenti e quindi al conseguimento dei risultati.
Riferimenti e parole chiave per ricerche e approfondimenti:
Motivazione nello Sport; Modello Target; Autorealizzazione; Teorie sulla Motivazione.
Articolo scritto da Fabio Polverino, Allenatore Uefa B e Allenatore Calcio a 5
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