Diritti Televisivi nel Calcio Italiano
Diritti
TV nel Calcio Italiano
Le norme sui diritti televisivi del calcio in Italia,
sono state introdotte nel 1980, esse regolano la trasmissione in
diretta o in differita delle competizioni calcistiche
italiane.
Fino al 1980, in Italia era pressoché sconosciuto il tema
dei diritti televisivi sia in chiaro sia criptati, dunque le società
calcistiche ricavavano gran parte dei propri guadagni grazie alla vendita dei
biglietti per le partite, l’incasso dello stadio, per intenderci.
Qualsiasi televisione privata era libera di riprendere una
qualunque partita in territorio italiano, e nulla poteva impedire l'accesso
agli stadi agli operatori di cinepresa. Per ragioni di tradizione, le partite
erano concentrate tutte nella domenica pomeriggio. Negli anni del calcio da
stadio, la Rai aveva un regolamento che prevedeva la trasmissione in
diretta delle partite dei campionati italiani su tutto il territorio, fatta
eccezione per la provincia della squadra che giocava in casa al fine di non
ridurre l'incasso proveniente dai biglietti venduti allo stadio. Il regolamento
non era stato negoziato con la Lega Calcio. Il
calcio si sosteneva quindi, con un modello in cui, con i soli proventi di
spettatori paganti e abbonati, e tutta la capacità economica delle società
risultava essere fortemente proporzionata al numero di tifosi che fisicamente si recavano allo stadio.
1980: i diritti televisivi in
vendita
L'istituto
giuridico dei diritti
televisivi in vendita viene importato in Italia nel 1980, copiandolo
dal modello angloamericano. Ad attestarlo sono le delibere e i relativi contratti tra la Rai e
la Lega Calcio.
Alla base del contratto la Lega Calcio, in
cambio di una somma pari a 3 miliardi di lire, attribuiva alla Rai l'ammissibilità
delle telecamere negli stadi per le riprese delle partite. Materialmente si
trattava di chiudere i cancelli degli stadi ai cameramen delle televisioni
private.
1993: distinzione tra diritti criptati e
diritti in chiaro
La prima rivoluzione che supera il concetto del calcio
visibile gratuitamente a tutti arriva nel 1993, con gli accordi tra Lega Calcio e Telepiù. In questo caso, l'ordinamento italiano
si era ispirato all'istituto
giuridico anglosassone
dei diritti televisivi criptati. Inoltre, per scissione
dell'originario istituto del 1980, viene separata la figura dei diritti
televisivi in chiaro. Così, dal 1993 si hanno diritti criptati e diritti
in chiaro. La possibilità di seguire l'evento in TV si scontra quindi con
la tradizione di recarsi allo stadio, luogo spesso carente in materia di
sicurezza.
1993-1996: i posticipi criptati su TELE+
Il contratto stipulato nel 1993 tra la Lega Calcio e Telepiù stabiliva che per tre stagioni,
dal campionato
1993-1994 al campionato 1995-1996, il canale TELE+2 trasmettesse una gara del massimo campionato di calcio italiano, generalmente il posticipo alle 20:30
della domenica, per ciascuna delle prime 28 giornate, Le gare erano visibili
tramite un decoder solo ai sottoscrittori dell'abbonamento, semestrale o
annuale.
1999-2003: il duopolio di TELE+ e Stream
TV
2003-2004: l'avvento di Sky e di Gioco
Calcio
La contesa dei diritti calcistici televisivi viene frenata
nel 2003, con l'acquisizione da parte di News Corporation, proprietaria di Stream, di Telepiù. Entrambe le piattaforme confluiscono
così in un'unica piattaforma, Sky Italia. L'effetto iniziale della nuova situazione di monopolio fu, però,
quello di offerte ancora più basse per l'acquisizione dei diritti, soprattutto
nei confronti delle società minori. Il campionato 2003-2004 inizia quindi con 11 società
rimaste fedeli a Sky e le altre 7 che optano per la TV della Lega. Nel corso
della stagione, però, queste rompono una dopo l'altra il contratto e passano a
Sky, la quale chiude la stagione raggiungendo il prefissato obiettivo di
copertura totale della Serie A. Gioco Calcio chiude i battenti nel
giugno 2004, non senza lasciarsi alle spalle controversie giudiziarie.
2004-2009: i diritti satellitari a Sky e
quelli terrestri divisi tra Mediaset Premium e Cartapiù
Il campionato
2004-2005, ampliato con
il passaggio da 18 a 20 squadre, inizia con qualche società tentennante e
alcune gare restano quindi senza copertura televisiva, ma dopo poche giornate
tutte trovano l'accordo con Sky, che riesce a stabilire il monopolio sui diritti televisivi della Serie A fino alla fine del girone d'andata,
nel gennaio 2005. Nel gennaio 2005 nascono
due pay TV sul digitale terrestre: Mediaset Premium e LA7 Cartapiù. Nella stagione 2005-2006 Mediaset e LA7 arrivarono a
coprire, in due, tutta la Serie A: 11 squadre a Premium e 9 a Cartapiù. Sky
mantenne tuttavia l'esclusiva satellitare per l'intero campionato (a parte un
paio di squadre nelle prime giornate) con il vantaggio dell'abbonamento unico:
chi voleva seguire la Serie A attraverso il digitale terrestre doveva
acquistare le tessere ricaricabili sia di Premium che di Cartapiù, seppur a un
costo totale più conveniente a quello dell'abbonamento annuale a Sky.
2018-2029: i diritti a Sky e DAZN
Dopo il fallimento di due bandi con suddivisione delle
partite per piattaforma e la rescissione del contratto con l'intermediario
indipendente Mediapro, la Lega Serie A ha assegnato per la prima volta i diritti per prodotto a Sky (266
partite a stagione in diretta esclusiva) e a Perform (114 partite a stagione in diretta
esclusiva), che così sbarca nel mercato italiano con il servizio di
streaming DAZN. Va detto che, già da maggio 2018, Sky ha iniziato a operare anche sul digitale terrestre con
alcuni suoi canali, in seguito ad un accordo con Mediaset
Premium. Il 15 luglio
2018 Mediaset
Premium ha siglato
un accordo con il gruppo Perform per poter trasmettere sulla
propria rete i canali della piattaforma DAZN,
e di conseguenza anche le partite da essa offerte.
Canale della Lega
Durante le trattative con le emittenti televisive si sono spesso create delle tensioni tra società, federazioni e le stesse TV, dettate principalmente da questioni di natura economica: la Lega Serie A e numerosi club hanno infatti evidenziato come, a detta loro, il mix di contenuti sportivi e non, quali cinema e serie TV, oscuri il reale valore della Serie A come competizione, con dirette conseguenze sul valore dei diritti televisivi e, conseguentemente, ripercussioni sui ricavi delle singole società.
Nel
marzo del 2024, la Lega ha ufficialmente dichiarato l'intenzione di lanciare la
propria piattaforma in abbonamento, denominata Serie A+: a causa
degli accordi in vigore con DAZN e Sky, la piattaforma offrirà l'accesso solamente
agli highlights delle partite, oltre che a giochi, eventi e altri contenuti. La
Lega ha inoltre manifestato l'intenzione di trasmettere gli incontri del
campionato di Serie A, Coppa Italia, Supercoppa Italiana, Campionato Primavera
1 e Serie A femminile sulla
piattaforma una volta cessati gli attuali accordi con i broadcaster.
Il
lancio della piattaforma dovrebbe avvenire in data 1° agosto 2024.
I proventi per le società
Tutto ciò,
dovrebbe ai giorni d’oggi, portare a vantaggi economici per le società
calcistiche italiane di Serie A, in quanto, ricevono denaro per la trasmissione
delle partite in TV/Streaming. Per la stagione 2023/2024, infatti, le società
di calcio di Serie A, hanno percepito introiti derivanti dai diritti
televisivi, come ogni anno, ma a quanto ammontano le somme?
L’Inter supera il muro dei 100 milioni, poi Milan e Juventus appaiate a quota 87. Il podio dell’ultimo campionato si rispecchia nella ripartizione dei diritti tv della Serie A 2023-24.
(fonte foto:
Gazzetta dello Sport)
Nella
scorsa stagione, l’Inter scudettata
ha incassato 101 milioni, oltre una decina in più del 2022-23. Non è la prima
volta che un club sfonda il tetto dei 100, c’era riuscita già la Juventus nel
triennio 2015-18, grazie al vecchio sistema di ripartizione che premiava
l’ampio bacino d’utenza bianconero. Le cose sono cambiate e ormai da qualche
anno la Juve staziona sotto quota 90, sugli stessi livelli del Milan. Poi ci
sono le altre “big” del tifo, Roma e Napoli (rispettivamente 71 e 67 milioni,
come la Lazio) che si lasciano dietro Atalanta (60), Fiorentina (59) e Bologna
(56). Quest’ultima, grazie all’exploit dell’ultimo campionato, compie un balzo
di una decina di milioni rispetto al 2022-23. L’Atalanta,
dal canto suo, conquista il “premio” per il maggior utilizzo dei giovani, anche
se percepisce da questa voce solo 1,2 milioni (e gli scarti tra i club sono
minimi). A quota 47 troviamo Genoa e Torino, poi via via le altre. Chiudono la
graduatoria Empoli, Frosinone e Salernitana, tra 33 e 31 milioni. Il rapporto
tra la prima è l’ultima è di 3,25 a 1: l’Inter incassa più del triplo di
Frosinone e Salernitana. Nel 2017-18, ultima stagione prima della riforma della
Melandri, il rapporto era di 4,4 a 1. La forbice, quindi, si è ristretta, anche
se restano lontani i modelli “democratici” della Premier (1,6 a 1) e della
Bundesliga (2,4 a 1).
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