Come diventare Allenatore Professionista in Italia?
Come si diventa Allenatore Professionista di Calcio in
Italia?
Partiamo subito, c’è chi vuole allenare per lavoro, chi per
passione, differenza fondamentale.
I primi, ovviamente, vorrebbero farlo come attività
principale, quindi un lavoro ed è di conseguenza necessario diventare
Professionisti; i secondi, invece, hanno già un lavoro o svolgono altre
attività, ma per pura passione vogliono poter allenare pur non avendo come
obiettivo principale quello di fare carriera. Questi ultimi, possono farlo con
minor tempo e maggiore tranquillità in società Dilettantistiche.
Detto ciò, in Italia
come si diventa Allenatori di Calcio?
Il primo passo, o comunque uno dei primi che suggerisco è
ovviamente quello di fare esperienza, soprattutto per chi non ha un “passato
calcistico”, ma parte da 0. In base alle possibilità soggettive, (tempo,
residenza, ecc…) la 1° scelta da fare è quella di cercare “contatto” con
società dilettantistiche e/o di settore giovanile della propria zona.
Questo perché è più facilmente gestibile il viaggio (breve)
e i costi (carburante ed autostrada), inoltre, piccole società hanno spesso
risorse economiche limitate se non pari a 0 e non possono permettersi
ex-Professionisti o Professionisti del settore, ma si “accontenterebbero” di
una persona volenterosa che dedica parte del suo tempo per imparare, d’altronde
un aiuto per loro è sempre gradito. Questo caso, sempre più diffuso, con tante
persone che mosse dalla sola passione si affacciano a questo “mondo”
rappresenta oramai una grossa fetta del “personale” impiegato nei settori
giovanili e società dilettantistiche italiane.
Spesso parliamo di studenti, giovani, ma anche persone che per “rompere” la
monotonia della quotidianità, nel “dopolavoro” si affacciano sui campi o si
riaffacciano a distanza di anni dopo aver calcato i “campi di provincia”.
Da qui, ne nasce un’inevitabile riflessione sul “sistema calcio” italiano.
E’ giusto e fondamentale dare possibilità di fare Calcio a tutti, ma se
molti neofiti si affacciano, ad esempio al calcio giovanile, nelle scuole
calcio, è inevitabile che non tutti siano all’altezza di formare giovani
calciatori/calciatrici di livello nazionale ed internazionale. La loro
passione non sostituirà mai (nel breve) l’esperienza e le competenze dell’Ex
Calciatore Professionista, o dell’Ex Allenatore Professionista.
Per chi invece ha già giocato a buoni livelli, (per buoni
livelli intendo almeno esperienze nella Serie D, Interregionale e nelle
Eccellenze Regionali), il percorso è ovviamente facilitato, in quanto, il bagaglio
di esperienze e competenze permetterà a questi ex-atleti di conoscere già le
basi della disciplina.
Dando per scontato che tutti abbiano avuto la fortuna di
fare qualche stagione per acquisire esperienza e competenze indipendentemente dal
loro passato, agendo da Collaboratori, per diventare Allenatore in Italia è
necessario acquisire tramite Corsi Federali ed esami i cosiddetti “Patentini”.
I patentini, o meglio le abilitazioni per i Coach si possono ottenere (inizialmente) frequentando Corsi su base Regionale, per poi passare a quelli centrali a Coverciano per i Professionisti.
La FIGC, la Federazione Italiana Giuoco Calcio istituisce
infatti dei Corsi, precisamente il corso per “Allenatore Dilettante Regionale”
(Licenza D) e il Uefa C (Allenatore Giovani Calciatori).
Spiegherò brevemente a cosa servono, fermo restando che
tutte le info dettagliate le trovate sul sito della Federazione al seguente
link: https://www.figc.it/it/tecnici/governance/scuola-allenatori/
La Licenza D, abilita (dopo aver seguito il
corso ed aver superato gli esami) alla conduzione delle squadre
dilettantistiche fino all’Eccellenza in ambito maschile e Serie C femminile. E’
quindi fondamentale per chi vuole avere esperienze dirette come Responsabile della
Prima Squadra di società dilettantistiche, cioè andare in panchina ed essere
l’allenatore della squadra. Per chi inizia (come dicevo prima da Collaboratore)
in ambito dilettantistico non è necessario avere obbligatoriamente un patentino,
anche se non si può essere tesserati.
Invece, per chi volesse allenare in ambito giovanile, la
qualifica di riferimento obbligatoria è il Uefa C,
abilitazione che si consegue dopo aver seguito il corso ed aver superato gli
esami. Il seguente patentino abilita la conduzione di tutte le squadre
giovanili (sia maschili che femminili) escluse le squadre partecipanti al
campionato Primavera. Stesso discorso di prima, per i Collaboratori non è
previsto un obbligo di avere patentino, ma senza non c’è la possibilità di
tesserarsi.
Requisiti:
Licenza D: Aver compiuto il 23 esimo anno di età Uefa C: Aver compiuto il 18 esimo anno di età.
Se voglio Allenare quindi dall’Eccellenza maschile (alla 2°
categoria) o dalla Serie C femminile in giù è quindi obbligatorio avere la
Licenza D. Se invece il mio obiettivo è allenare in ambito giovanile, come ad
esempio in una scuola calcio è necessario il Uefa C.
Ora, ovviamente, sorge il “problema” qualora si voglia
allenare in Serie D maschile o B femminile, come si fa? Esiste un altro
patentino, il patentino Uefa B. Il seguente
patentino, verrà automaticamente ricevuto dalla Federazione nel momento in cui
l’Allenatore/trice abbia già ottenuto entrambe le Licenze (D+C). Ricapitolando
se una persona ottiene entrambe le attestazioni Federali, otterrà automaticamente
il patentino Uefa B.
D+C= Uefa B
Con il Uefa B si possono guidare tutte le squadre in ambito
Dilettantistico Nazionale. Dalla Serie D maschile alla B femminile (per quanto
riguarda le 1° squadre) e in ambito giovanile tutte le squadre con l’esclusione
di quelle partecipanti i campionati Primavera.
Per poter partecipare a questi corsi e poter allenare però ci si ritrova spesso
difronte ad alcune inaspettate (per chi non ha un passato nel settore)
difficoltà. Provo a spiegare meglio.
Per essere ammessi ad un corso, ad esempio il Uefa C come scritto nel bando è
necessario formulare una graduatoria, in cui solamente i primi 40 verranno
ammessi.
Questo elemento spesso dibattuto, ma mai risolto dalla Federazione
sembra determinare poca meritocrazia, ed è motivo per cui molti rinunciano a
seguire questo percorso e/o incentivano comportamenti irregolari come allenare
senza qualifica. Questo perché in un corso regionale, dove i posti sono
solamente 40 (ma il discorso sarebbe uguale anche con centinaia di posti)
prevedere dei punteggi per entrare in graduatoria risulta essere
“discriminante” verso alcuni soggetti. Infatti, i punteggi vengono assegnati in
base ad alcuni fattori che favoriscono alcuni e sfavoriscono altri…
In questa parte di tabella che
trovate allegata in uno qualsiasi dei bandi Uefa C, potete notare che chi ha
avuto un passato calcistico riceve un enorme punteggio, a discapito di chi non
ha mai calcato un campo, oppure l’abbia fatto solo in categorie inferiori.
Facciamo un esempio pratico.
“Calciatore X” esperienza 1 anno
in A, 5 in B e 7 in C (Lega Pro) avrebbe: (totale 13 anni carriera nel Professionismo)
4 pt in A per 1 stagione + 3 x 5
(B) = 15 pt +2,5 x 7 (C) = 33,5 punti totali.
Chi ha avuto una discreta carriera nel dilettantismo, invece, porterebbe (sempre teoricamente con un esempio) questo totale punti.
“Calciatore Y” (per facilità ed equilibrio ho utilizzato lo
stesso numero di stagioni sportive totali e le 3 categorie migliori)
1 stagione in Serie D + 5 stagioni in Eccellenza Regionale
(è uguale per tutte le regioni) + 7 anni in Promozione (totale carriera nel
Dilettantismo 13 anni)
Serie D 1,5 pt + 1 pt Eccellenza x 5 = 5 pt + 7 stagioni in
promozione (7x0,70 =4,9) = 1+5+4,9 = 11,4 punti totali.
Riassumendo: Ex Calciatore Professionista ottiene in una
discreta carriera durata 13 stagioni 33,5 punti totali, l’Ex Calciatore
Dilettante ottiene in una discreta carriera durata 13 anni 11,4 punti totali.
C’è una disparità di 2,9 volte superiore
a favore dell’Ex Professionista, questo, ricordo solamente per entrare in graduatoria per un Corso Uefa C! (Punteggi relativi ad un bando Uefa C 2023).
Ovviamente, va detto che oltre all’attività come calciatore
si sommano i titoli di studio ed eventuali altre attestazioni da allenatore,
nonché in caso di altro patentino (Licenza D) le esperienze da Allenatore
acquisite se tesserate e documentate. Ma considerando che tutti abbiamo un
titolo di studio, che tutti iniziamo prendendo o la Licenza D o il Uefa C e che
non avendoli non abbiamo diritto ad altri punti, è facile capire che chi ha
giocato e soprattutto chi lo ha fatto nel professionismo ha un vantaggio
sproporzionato.
Riflessioni e conseguenze: Ne
consegue che inevitabilmente un Ex Professionista sia troppo avvantaggiato
rispetto a chi ha giocato a buoni livelli senza mai eccellere, ricordiamo che
ci sono molti esempi di Allenatori Professionisti che non sono stati calciatori
eccezionali, e calciatori strepitosi che non sono mai diventati Allenatori di
fascia Top.
Allenare è differente rispetto a giocare a calcio, il calciatore deve
sostanzialmente badare a se stesso, l’allenatore gestire un gruppo di
ragazzi/e, staff, stampa, tifosi e società. Un carico di responsabilità
completamente differente, senza considerare che sono sostanzialmente 2 attività
differenti.
Chi gioca, esegue, può anche farlo in maniera automatica
senza sapere e comprendere del perché esegue.
Chi allena deve: spiegare, mostrare, trasmettere nozioni,
principi e comportamenti, ma allo stesso tempo gestire un gruppo di persone,
interlocutori e deve essere un ottimo “analista” ed “osservatore”, per cogliere
tutti gli spunti ed i feedback del “mondo” che lo circonda.
E’ chiaro adesso perché essere stati grandi Ex-Calciatori
non è sufficiente per essere Allenatori Professionisti?
In Italia molti Allenatori come Sacchi, Mourinho, Sarri,
Benitez ma anche il neo Campione d’Italia Spalletti, per svariati motivi non
hanno avuto importanti carriere da calciatori, ma hanno raggiunto picchi di
eccellenza da Allenatori.
Sarebbe quindi giusto e saggio, secondo il mio modesto
parere incentivare questa categoria di persone ad approcciare ugualmente al
calcio, avendo le stesse opportunità dell’Ex Pro, che come tutti dovrà partire
dal basso e meritarsi (ancora di più per il suo passato) un posto nelle categorie
che contano. Infatti, come dicevo all’inizio in Italia i settori giovanili sono
strapieni di gente che (con tutto il rispetto parlando) non sa calciare il
pallone, che al mattino fanno un lavoro e la sera allenano un gruppo di
ragazzini/e. Sarebbe più giusto che, fossero gli Ex Calciatori Professionisti
ad occuparsi dei piccoli.
Un giocatore X che ha maturato una carriera ultra decennale tra A, B e C tecnicamente parlando è nettamente superiore rispetto al dopolavorista che al massimo (quando fortunati) ha fatto un po' di Eccellenza. Cosa potrà insegnare quest’ultimo ai bambini e/o ragazzini? Dal punto di vista Tecnico poca roba, limitando le potenzialità dei giovani, e dovendo virare su una proposta formativa maggiormente incentrata sulla Tattica (che andrebbe fatta solamente ad un’età maggiore) a discapito di quella Tecnica Individuale sempre più carente nei nostri giovani.
Chi meglio di un Ex Professionista può insegnare a calciare,
colpire di testa, effettuare i contrasti, le parate, dribbling e quant’altro?
Ma in Italia purtroppo i settori giovanili sono per una troppo larga fetta
occupati da quelli che lo fanno per pura passione senza avere elevate
competenze tecniche, e gli ultimi risultati delle nostre Nazionali ne sono un
esempio.
Spesso però, una persona abituata in altri settori lavorativi
a gestire difficoltà, incomprensioni, differenze di vedute, gestione delle
relazioni, e tanto altro ha sviluppato capacità per cui paradossalmente
potrebbero essere più utili in ambito di 1° squadre, dove bisogna saper fare
gestendo stress, ritmi e pressioni non sempre sostenibili a tutti.
Ma ritorniamo al discorso formativo, abbiamo capito che non
avere un passato rende difficile anche solo partecipare ai corsi, ma poi se
vogliamo sorvolare sull’aspetto riguardante i settori giovanili e si vuole
allenare una prima squadra, dove sta la difficoltà avendo ottenuta
un’abilitazione?
La difficoltà nel trovare squadre è palese in quanto molti ex-calciatori
famosi, abbiano iniziato subito ad allenare in A (alcuni non avendo neanche la
qualifica obbligatoria) a discapito di tanti professionisti delle categorie
minori che fanno ciò da una vita ma non trovano posto.
Ciò è dovuto a 2 aspetti fondamentalmente.
- · Non conoscenza della categoria
- · Scarsa abitudine all’enorme visibilità
Un Allenatore di Serie C o D difficilmente verrà chiamato in
A ad allenare, in quanto, si crede che la categoria sia differente e che ci sia
poca abitudine a gestire le pressioni e lo stress della massima categoria, con
le TV, i giornali e l’enorme visibilità che comportano.
Di conseguenza si preferisce chi ha già “preso visione” di
queste categorie sotto forma di calciatore, ma sempre più spesso dietro a
queste scelte si verificano flop enormi. Inoltre, la facilità con cui queste
persone ottengono i patentini permette loro di essere subito pronti rispetto a chi
magari è manchevole di un patentino per ottenere l’abilitazione necessaria,
oltre al fatto che essere già conosciuti aiuta molto per la stampa ed i tifosi.
Per allenare in ambito Professionistico c’è bisogno di altre
abilitazioni (oltre alle caratteristiche di cui sopra…)
La Federazione prevede infatti che per Allenare in ambito
Professionistico, occorra quantomeno aver conseguito l’abilitazione ad Allenatore Professionista Uefa A.
Come si diventa Allenatori Professionisti Uefa A?
Bella domanda, nemmeno il sottoscritto ad oggi (Agosto 2023) è riuscito in ciò… Di sicuro posso dire che:
Bisogna aver conseguito le precedenti abilitazioni, quindi B
(D+C) ed aver compiuto il 30 esimo anno di età.
A tal proposito è stato rivisto recentemente il limite di età abbassato
a 28 anni ed alcune regole per “agevolare” la partecipazione di tutti, almeno
secondo la Federazione… Analizziamo le modifiche.
Come da comunicato n.47, (ad oggi l’ultimo Uefa A uscito
prima di aver scritto questo articolo), per poter partecipare al Corso Uefa A
per diventare Allenatori Professionisti bisogna inviare la domanda e sperare
ancora una volta di entrare nella graduatoria. Qui però ci sono state delle
recenti modifiche.
I posti disponibili sono sempre 40, ma così suddivisi.
- · 10 nella graduatoria A, in cui, i primi 10 che hanno ottenuto i punteggi più alti in ambito di calcio giovanile verranno ammessi.
- · 10 nella graduatoria B, in cui, i primi 10 che hanno ottenuto i punteggi più alti in ambito di calcio femminile verranno ammessi.
- · 20 (i rimanenti) nella graduatoria C, in cui verranno scelti i migliori 20 con il punteggio più alto che abbiano ottenuto esperienze miste, calcio giovanile, femminile e prime squadre maschili.
Spieghiamo meglio.
La graduatoria A, ha come requisito obbligatorio l’aver
ottenuto almeno 10 anni consecutivi di esperienze (documentate con
tesseramento) in ambito di calcio giovanile.
La graduatoria B, invece, almeno 5 anni anche non
continuativi di esperienza nel settore femminile (1° squadre).
La graduatoria C, quindi, utile a tutti quelli che hanno
avuto esperienze miste sia in ambito maschile che femminile di 1° squadre e
settore giovanile e non ha i requisiti per partecipare alle due graduatorie
precedenti, oppure, ha esperienze in un solo ambito (esempio 1° squadre
maschili).
I posti totali sono sempre 40, ma divisi cosi: 10 nella
lista A, 10 nella B e 20 nella C. L’eventuale carenza di nominativi nella A o B
verrà rimpinguata direttamente con la graduatoria C.
Secondo voi sono stati agevolati i partecipanti?
Non è ancora chiaro stabilirlo, ma ad esempio, chi non
ha i requisiti delle 2 graduatorie, A e B, ha automaticamente perso la
disponibilità di 20 posti!!
Volendo fare un esempio:
Allenatore X, carriera 12 anni così divisa:
6 anni settore giovanile (non
consecutivi) + 2 anni prime squadre femminili + 4 anni prime squadre maschili.
Graduatoria A = Non Idoneo (-10
posti)
Graduatoria B = Non Idoneo (-10
posi)
Graduatoria C = Idoneo
Totale 20 posti
Questo è per partecipare al Corso
Uefa A che abilita alla conduzione delle 1° squadre di Serie C in ambito
maschile (dalla C in giù) e Serie A in ambito femminile (a scendere) comprese
le squadre Primavera.
La novità è che gli ex-calciatori
facciano un corso Uefa A loro riservato… Sembrerebbe un passo in avanti, però
qui si potrebbe creare un altro problema… Si potrebbe comunque creare uno
svantaggio per chi ha giocato a calcio a livelli bassi. Immaginate appunto il
calciatore Y di cui l’esempio sopra, si ritroverebbe con quasi 3 volte il
punteggio più basso… Impossibile rientrare nei 40… Figuriamoci 20… Ma ne
sapremo di più nei prossimi mesi.
Ma se voglio arrivare in Serie A che patentino ci vuole?
Per chi volesse allenare in A o B
oppure le Nazionali, (praticamente il sogno di tutti) non è purtroppo
sufficiente il Uefa A… Esiste infatti un ultimo patentino per farlo, il Uefa
Pro, conosciuto come Master. Il corso tenuto a Coverciano (come per il Uefa A)
ha come requisito di partecipazione il possesso dei già citati attestati, oltre
al limite di età pari a 32 anni minimi, anche se come ho potuto notare
dall’ultimo bando, (comunicato n. 44 sul sito FIGC) l’età minima è stata
abbassata a 30 anni. Ed anche qui, purtroppo ci sono queste fastidiose tabelle
da seguire, punteggi da calcolare, graduatorie da scalare…
Qui data l’importanza
dell’abilitazione il numero è limitato a 20 persone totali, di cui massimo 10
in sovrannumero… (Allievi di Federazioni Estere, Club Italia, Candidati
presentati dalla FIGC stessa ecc…)
Insomma, se non hai fatto il
calciatore ad altissimi livelli la storia è la stessa… E’ ovvio però, che un
allenatore che ha possibilità di essere contattato da squadre di A o B ha già
avuto esperienze (forse) in categorie minori e potrebbe colmare il gap, che
però ripeto è spesso incolmabile quando l’ex-calciatore di turno con 200
presenze in A si ritira a 35 anni e decide di allenare… Ha già un punteggio
tale da essere quasi certo di poter entrare… Francamente lo trovo sbilanciato a
favore di questi “pochi”, che come spesso accade non tutti si dimostrano
all’altezza di queste categorie.
La mia opinione è quindi quella lì di controbilanciare per chi attualmente non
ha avuto possibilità da calciatore di raggiungere determinati livelli e per chi
ha scelto di fare ciò per pura passione ma si è ritrovato poi ad eseguirlo come
lavoro unico. In altri paesi ci sono giovani allenatori senza un grande passato
che si ritrovano ad allenare in squadre di club di fascia Top a livello Europeo
e Mondiale senza aver avuto necessariamente un passato glorioso… In Italia
potremmo perderci altri Sacchi, Mourinho, Sarri, Benitez, Spalletti ecc,
solamente perché non si vogliono cambiare le regole…
Mi viene da pensare a Nagelsmann,
che a soli 20 anni diventa già allenatore e che a poco più di 30 anni diventa
Campione di Germania pur non avendo praticamente mai giocato.
Il calcio italiano ha bisogno di
riforme, per ritornare al suo splendore passato, dalla riforma per i tecnici,
al settore giovanile alle categorie, passando per i diritti tv e le strutture.
Sembrano tutti elementi dissociati, ma in realtà sono strettamente connessi.
E’ mia personale opinione che chi
ha avuto la bravura e fortuna di giocare in ambito Professionistico debba poter
iniziare ad allenare aiutando il sistema che lo ha aiutato, restituire un
pizzico di ciò che gli ha dato. Un’idea sarebbe quella di prevedere un obbligo
per chi inizia ad allenare di incominciare nei settori giovanili per formarsi e
formare, oppure partire da una determinata categoria dilettantistica come può
essere la Serie D. Quest’obbligo dovrebbe durare un paio di stagioni, per
formare il Tecnico, ma è solo un’ipotesi, potrebbero essercene altre. Non trovo
corretto che alcuni inizino direttamente dalla massima serie ed altri non la raggiungeranno mai. Come non trovo
giusto che prima di una certa età non si può partecipare ad un corso, oppure
che debba essere la graduatoria a determinare il valore del tecnico.
Rimango fiducioso sul fatto che in futuro la Federazione prende in
considerazione ragionamenti comuni come questi, e proceda con una completa
rivisitazione di ciò, per favorire il dilettantismo e i settori giovanili, vero
ed unico serbatoio per i talenti, siano essi calciatori/trici che tecnici e
dirigenti.
Articolo scritto da: Fabio
Polverino, Allenatore Uefa B
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